EMERGENZA COVID-19 ED AMMORTIZZATORI SOCIALI: Come opera la Cassa Integrazione in Deroga e quali prospettive future.

Premessa.

Per fare fronte alla contrazione del lavoro connessa all’emergenza epidemiologica in corso, il Governo ha predisposto alcune misure straordinarie a sostegno di imprese e lavoratori.

Nelle prossime righe, si cercherà di fornire risposta ad alcune delle questioni pratiche sorte in tema di ammortizzatori sociali.

Quali scenari per gli ammortizzatori sociali esaurite le 9 settimane?

Con il decreto “Cura Italia” il Governo ha dettato delle misure speciali – poi confermate nella Legge di conversione n. 27/2020 – in materia di ammortizzatori sociali.

In particolare, l’art. 19 del citato decreto prevede la possibilità per il datore di lavoro di accedere a vari strumenti di integrazione salariale con causale Covid19, se nel 2020 l’impresa ha dovuto sospendere o ridurre l’attività produttiva a causa del virus.

Poiché tali interventi integrativi speciali vengono concessi per 9 settimane al massimo, dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020, molti si stanno chiedendo quali scenari si apriranno dopo che l’azienda avrà esaurito le settimane a sua disposizione.

La legge n. 27/2020 ha già previsto delle proroghe, ma limitatamente ai datori di lavoro aventi l’unità produttiva in uno dei comuni della ex zona rossa o gialla, ovvero solo a beneficio dei lavoratori ivi residenti o domiciliati (in Veneto, solo Vò).

Stando alla bozza del c. d. Decreto Maggio – ex “decreto Aprile” – la proroga verrà estesa anche a livello nazionale.

Salvo modifiche, la concessione dei vari ammortizzatori sociali con causale Covid-19 verrà estesa ad un massimo di 18 settimane, in riferimento ai periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 ottobre 2020.

La domanda andrà presentata entro la fine del mese di inizio della sospensione o della riduzione dell’attività produttiva.

Vi rientreranno anche i lavoratori alle dipendenze dell’azienda alla data del 25 marzo 2020 e anche ai destinatari dell’assegno ordinario verrà corrisposto l’assegno per il nucleo familiare di loro spettanza.

L’azienda ha l’obbligo di anticipare l’integrazione salariale?

La risposta è negativa, ma procediamo con ordine.

A norma dell’articolo 7 del D. lgs. n. 148/2015 “il pagamento delle integrazioni salariali è effettuato dall’impresa ai dipendenti aventi diritto alla fine di ogni periodo di paga. L’importo delle integrazioni è rimborsato dall’INPS all’impresa o conguagliato da questa secondo le norme per il conguaglio tra contributi dovuti e prestazioni corrisposte”.

Con messaggio n. 1287/2020, l’Inps ha però chiarito che, in relazione al trattamento ordinario di integrazione salariale e all’assegno ordinario, rimane salva la possibilità per l’azienda di fare istanza all’INPS, affinché sia l’Istituto a pagare direttamente il lavoratore.

Per quanto riguarda la cassa integrazione in deroga, invece, il pagamento diretto è l’unica modalità possibile per l’erogazione dell’integrazione.

L’Inps ha inoltre precisato che, in ragione della specialità degli interventi integrativi, non occorre che al fine del pagamento diretto il datore di lavoro comprovi le difficoltà finanziarie dell’impresa.

Per l’istanza di pagamento diretto e nel caso della cassa integrazione in deroga, il datore di lavoro che abbia deciso di avvalersi di tale opzione deve compilare il modello SR41. A questo riguardo, l’Inps ha introdotto delle semplificazioni, rese necessarie dalla situazione emergenziale.

Inoltre, si anticipa che al fine dichiarato di “favorire la celere disponibilità di reddito da parte dei lavoratori”, la bozza del decreto Maggio prevede una precisa scansione temporale per la presentazione dell’istanza di pagamento diretto e per l’erogazione della prestazione da parte dell’Inps, direttamente nel conto corrente dei lavoratori beneficiari.

Computo delle settimane di cassa integrazione e rotazione dei lavoratori.

La cassa integrazione viene concessa all’unità produttiva e viene calcolata in riferimento a questa, non ai singoli lavoratori.

Di questo conviene che il datore di lavoro tenga conto nell’individuazione dei lavoratori per i quali richiedere l’integrazione salariale e nell’organizzazione del lavoro.

Ove possibile, è preferibile che i turni di lavoro tengano conto della rotazione dei lavoratori soggetti a trattamento di integrazione salariale.

La legge – né il D. Lgs. n. 148/2015, né il decreto Cura Italia – non prescrive nulla a questo riguardo, demandando la facoltà di determinare criteri di scelta e di rotazione dei lavoratori sottoposti ad integrazione salariale all’accordo con il sindacato.

Tuttavia, in considerazione della semplificazione della procedura di accesso agli ammortizzatori sociali e della penalizzazione economica che i medesimi comportano per i lavoratori, si deve tenere conto che la Corte di Cassazione ha già espresso in passato un chiaro favor per la rotazione dei lavoratori (Cnfr. Cass., sent. n. 1378/2019) soggetti a integrazione salariale.

 

Il presente contenuto ha valore puramente indicativo e non costituisce alcuna consulenza.

 

Articolo di: Dott.ssa Lucia Bellò