Il D.Lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019 (c.d. Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 14 febbraio, ha introdotto una specifica disciplina in tema di responsabilità degli amministratori di S.r.l. nei confronti dei creditori sociali, le cui disposizioni sono entrate in vigore a partire dal 16 marzo 2019.
In particolare, il primo comma dell’art. 378 del decreto in esame ha previsto l’inserimento dopo il quinto comma dell’art. 2476 c.c., del seguente: “gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. La rinunzia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi”.
Tale disposizione, dunque, introduce la possibilità per i creditori di S.r.l. di poter agire per la tutela del proprio diritto nei confronti degli amministratori della società, in presenza di particolari condizioni.
A tal fine è innanzitutto necessario che sia riscontrabile in capo gli amministratori una violazione degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. Gli amministratori, dunque, devono poter essere considerati responsabili del dissesto aziendale in quanto abbiano posto in essere una condotta poco diligente o non siano intervenuti tempestivamente per evitare l’instaurarsi di un clima di instabilità aziendale.
Pertanto, al verificarsi di tali circostanze, è probabile che gli amministratori abbiano sottovalutato il c.d. rischio di insolvenza conducendo progressivamente la società in uno stato di crisi, ossia di “difficoltà economico-finanziaria”, e successivamente di vera e propria insolvenza, riscontrabile quando la società non sia più in grado “di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”.
Le conseguenze di tali condotte producono delle ripercussioni in sede fallimentare, ora denominata dalla nuova normativa “liquidazione giudiziale”. Gli amministratori, infatti, possono essere ritenuti responsabili del dissesto aziendale in qualità di soggetti preposti all’adozione di misure preventive ed efficaci rispetto al verificarsi dello stesso, nonché all’intervento tempestivo volto a porre fine all’instabilità ed a preservare la continuità aziendale.
In secondo luogo, ai fini dell’applicazione della disciplina in esame, è richiesto che il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei crediti. Di conseguenza, i creditori dovranno preventivamente tentare di soddisfarsi sul patrimonio sociale e, solo quando lo stesso risulti insufficiente, questi potranno avanzare l’azione nei confronti degli amministratori ritenuti responsabili.
L’introduzione della normativa in esame comporta, inoltre, notevoli conseguenze nell’ambito delle società a responsabilità limitata in cui, nella maggior parte dei casi, la figura del socio coincide con quella dell’amministratore. In tale situazione la nuova disposizione si pone in forte contrasto con il principio della responsabilità limitata caratterizzante le S.r.l.
In questo contesto assume particolare rilievo la disciplina prevista al secondo comma dell’art. 2086 c.c., anch’esso introdotto dal decreto legislativo in esame, il quale afferma che “l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità’ aziendale, nonché’ di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
In caso di insolvenza, dunque, la responsabilità dei soci-amministratori rileva nel momento in cui gli stessi non si siano adoperati per istituire l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile citato dal suddetto articolo e necessario a rivelare tempestivamente la crisi dell’impresa e la perdita della continuità aziendale, nonché a porre in essere le misure di intervento più idonee ad arginare tali situazioni di difficoltà. La normativa mira, dunque, ad una maggiore responsabilizzazione dei soggetti preposti alla gestione della società attraverso l’adozione di una struttura organizzativa che sia in grado di monitorare le condizioni dell’azienda e di far emergere la crisi tempestivamente, al fine di adottare le misure più idonee.
L’introduzione del sesto comma all’art. 2476 c.c. ha posto fine al contrasto giurisprudenziale esistente sul tema, accogliendo l’orientamento maggioritario che ammetteva, pur in assenza di una specifica disposizione del legislatore, la possibilità per i creditori di proporre un’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori di S.r.l., alla stregua di quanto già previsto in materia di S.p.a., fornendo così definitivamente una concreta risposta al vuoto normativo esistente sul tema.
L’intento del legislatore di uniformare la disciplina di S.p.a. ed S.r.l. è riscontrabile anche dall’esame dell’art. 255 lettera b), anch’esso introdotto dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Con la previsione di tale articolo, in fase di liquidazione giudiziale, il curatore è autorizzato a promuovere o proseguire l’azione dei creditori sociali prevista dall’art. 2394 c.c., nell’ambito della disciplina relativa alle S.p.a., e dal novellato art. 2476 c.c., comma sesto, per quanto invece attiene alle S.r.l.
In conclusione, la modifica apportata all’art. 2476 c.c. dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza mediante l’introduzione del sesto comma, ha comportato rilevanti conseguenze tanto dal punto di vista degli amministratori di S.r.l., quanto dei creditori delle stesse, i quali in particolare, in caso di insufficienza del patrimonio sociale, trovano una tutela nella possibilità di esperire l’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori che abbiano condotto la società in stato di insolvenza e di trovare soddisfazione nel patrimonio personale degli stessi.